Affronta gli studi artistici dalla metà degli anni ’70, quando l’avvento della liberalizzazione dell’etere e quindi la nascita dei primi network privati, lo portano a ritrovarsi integrato, se pur giovanissimo, dall’Associazione Italiana D.J. Professionisti, appena costituita e con a capo l’uomo di spettacolo e comunicazione Renzo Arbore. Tale esperienza, conciliata con gli studi artistici, dura circa un decennio e lo asseconda fin dai primi anni ’80 nella frequentazione di fenomeni estetici in varie città italiane. Ma l’interesse per la comunicazione visiva prevale e lo spinge sempre di più a rapporti interlocutori col sistema dell’arte, al punto che nel 1985, durante la sua prima visita ad “Art Basel” di Basilea, la polizia svizzera lo arresta perché trovato in possesso di alcune bombolette di spray luminescente e, dunque, sospettato e accusato di essere uno dei tanti writer che in quegli anni “imbrattavano” i muri e le metropolitane di mezzo mondo.
Un’esperienza, questa, che lo porta all’attenzione della più importante studiosa italiana del fenomeno del graffitismo internazionale, la compianta Francesca Alinovi. Ne conseguì una sempre più costante frequentazione con Bologna e L’Emila in genere. Nonché, il sempre più crescente interesse per i vari linguaggi di comunicazione visiva e scritta lo portano all’incontro con Rosanna Chiessi di Reggio Emilia, editrice di poesia visiva e curatrice di performance dei più importanti bodyartisti e poeti visivi internazionali con i quali Santolo ebbe spesso l’occasione di interloquire, e con alcuni di loro di collaborare. Realizza dunque i costumi per l’opera teatrale “Invisibile pittura” del poeta visivo Corrado Costa, tenutasi nell’86 al Teatro dell’Orologio di Reggio Emilia. Cura le musiche per il video “I sette materasssi di New York” di Giuseppe De Siato e la regia del film “La sposa di Stromboli” dello stesso autore. Sempre nel 1986 il gallerista Massimo De Simone dello “Studio Oggetto” di Caserta, con spazio anche a Milano, gli dà occasione di presentare il suo lavoro, tra l’altro, in alcune fiere internazionali: “Art London” a Londra e “Arco Madrid” in Spagna. E nel 1987, in una delle due circostanze, non sfugge all’interesse di diversi operatori culturali e critici spagnoli, tra cui Mercè Alsina Jodar direttrice dell’allora galleria “Artual” di Barcellona, presso la quale presenta un progetto dal titolo “Controbando”, curato dal critico Louis Francisco Perez. Nella stessa occasione riceve l’invito a presentare un nuovo progetto personale presso la galleria “Pascal Lucas” di Valencia e a prendere parte a diverse collettive come “Fuochi d’Italia” alla galleria “Ferran Cano” di Palma de Majorca e la mostra “Cave Canem” alla galleria “La Maquina 10Española” di Madrid.
Si impone così all’attenzione della giovane critica militante internazionale, tra cui anche quella italiana; lusinghieri sono gli articoli: Gloria Picazo sulla rivista “Cimal Internacional” N°8 di Valencia, Concha Rivero per la rivista “Lapis” 2 ’88, di Madrid, Maria Teresa Blanch per un’intervista su Juliet, 10 ’89 (Italia), la copertina di “Segno”, 2 ‘85 (Italia) per il numero “La giovane arte a Napoli” a cura di Enzo Battarra. E, inoltre, riceve l’invito da parte della redazione di Flash Art , la più importante rivista d’arte in Europa di quegli anni, alla mostra “Italia ’90”, 1990, tenutasi alla Fabbrica del Vapore (Milano).
È a partire dagli anni ’90, dunque, che il suo lavoro diventa oggetto di analisi di ormai gran parte della critica e di galleristi più attenti, tra i quali Franz Paludetto che lo inserisce con una personale all’interno del progetto “Equinozio di autunno”, tenutosi nell’appena restaurato Castello di Rivara (Torino), il critico Edoardo di Mauro che lo presenta con una personale alla galleria “V. S. V.” di Torino e, successivamente, in alcune altre collettive tra cui “Va pensiero” tenutasi alla Promotrice Belle Arti di Torino. Il critico-editore della rivista Juliet, Roberto Vidali, lo propone con una personale presso la relativa “Juliet Room Gallery” e successivamente con la pubblicazione di un testo analitico dell’artista stesso dal titolo: “Datemi il tempio, prima che io muoia di fama”, nonché la copertina della stessa rivista. Nel contempo si avvalgono di alcune sue collaborazioni i musicisti Steve Lacy e Andrea Centazzo.
Siamo sempre all’inizio degli anni ’90 quando inaugura la personale dal titolo “Mezzogiorno” presso la galleria “Studio Cristofori” 1993 di Bologna, dove raccoglie ulteriori consensi da parte dell’editoria specializzata e di gallerie come la “Ruggerini & Zonca” di Milano, dove l’anno successivo presenta la personale “Materiale Metareale” 1994. Nel contempo il critico-editore della rivista “Tema Celeste” Demetrio Paparoni, gli pubblica il testo di analisi poetica “Fantastico metalogico” N°55,1995, dedicandogli quattro pagine della rivista e invitandolo, nello stesso anno, alla mostra “L’Erotismo nell’arte italiana”, tenutasi a Colonia presso il “Gebaude Kunst”. L’anno dopo, nel 1994, ha finalmente l’occasione della prima personale nella sua città. È la storica galleria di Dina Carola a presentarlo a Napoli con la mostra personale dal titolo “Hatu per tu” 1996. Non per questo però si ferma a Napoli. Continua a soddisfare la sua ricerca di confronto con altre realtà culturali mentre da più parti gli arriva l’interessamento di gallerie internazionali, tra cui alcune americane. Ma è intanto il gallerista Giordano Raffaelli che si impone concretamente e presenta a Trento la sua personale dal titolo “Divisibileinvisibile” 1995. Siamo ancora nel 1995 e del suo lavoro ormai prendono atto anche le istituzioni, per cui è invitato alla “Quadriennale di Roma” con Maurizio Cattellan, Vanessa Bicroft e altri, e dal “Museo di Stato di San Marino” all’interno della mostra “Luoghi” 1997, con Shirin Neshat, Jenny Watson, Chèri Samba e altri, curata da Alberto Fiz. Nello stesso anno la rivista Flash Art gli dedica un’intevista di tre pagine curata da Helena Kontova, che lo invita come protagonista per la mostra inaugurale del museo “Flash Art Museum” di Trevi di cui è la direttrice, all’interno del grande progetto “Medialismo”, curato e teorizzato dal critico d’arte Gabriele Perretta. L’anno dopo, nel1996, è la “Galleria d’Arte Moderna” di Bologna che in due progetti distinti lo presenta con una serie di opere di quegli anni, “Icastica”, curata da Gabriele Perretta, e successivamente, nel 1997 da Renato Barilli, per cui, a conferma dell’interesse storico che avrebbe poi avuto il suo lavoro, è invitato al grande progetto “Officina Italia” tenutosi in diverse sedi museali della Regione Emila Romagna.
È il 1998 quando l’attenzione statunitense per il suo lavoro si concretizza da parte della “Annina Nosei Gallery” che lo presenta al pubblico newyorkese con la personale “Spirit & Matter Speculation”, da cui scaturiscono i consensi di critici come Roberta Smith: “... è la mostra più divertente che si è vista a New York negli ultimi anni…” (New York Times, 30 novembre 1998), e dai curatori Sandra Grandmarchand e Paulette Gagnon del “Museo d’Arte Contemporanea” di Montreal, dove un anno dopo è invitato con Ilya e Emilia Kabakov, Charles Ray, Robert Theirren, Martin Kippemberger, Rodney Graham e altri importanti artisti della seconda metà del ‘900, per la grande mostra di fine secolo “Ouvre of impertinance”, 2000, nonché da parte della “Van de Griffe Gallery” di SantaFè (New Mexico), dove presenta la personale nel 2000 dal titolo “Madame Splatter Fly”.
Altre proposte espositive e richieste di progetti non mancano, la tentazione di rimanere negli USA e non rientrare in Europa è forte, ma non tale da impedirgli di rispettare gli impegni di progetti espositivi presi negli anni precedenti e ormai definiti, con alcune altre gallerie italiane, tra cui la “Zonca&Zonca” di Milano, dove alla fine del 1999 presenta la personale “Investire in Titoli” curata da Renato Barilli e con il Centre d’ART “Villa du Parc” di Ginevra dove nel 2000 è invitato con Damien Hirst, Sophie Calle e Daniel Spoerri, tra gli altri, alla mostra: “A Table” 2001, curata da Rosa Tureski, riproponendosi di rientrare a New York appena subito dopo tali impegni.
Ma sono gli imprevedibili eventi dell’11 settembre, che sconvolgono ogni progetto socio-economico, nonchè artistico-culturale della città di New York, e non solo, purtroppo, costringendo alla chiusura (per molte definitiva) di diverse gallerie, tra cui quella storica di Annina Nosei con la quale Santolo De Luca programmava altre mostre nel nuovo millennio, a convincere dunque l’artista a rimandare la decisione a tempi più propizi.
Nel frattempo produce la grande opera in pellicola lenticolare “La Grande liquidazione” per il Museo Permanente Metropolitana di Napoli, 2003, in cui è invitato da Achille Bonito Oliva; l’altrettanto importante progetto Speculare sulla liquidazione per la “Scientific Library of Doubrovnik”, 2004, su invito di Valerio Dehò; la grande carta “Il sette è bello”,2005, per la “Sharjah Art Museum” negli Emirati Arabi, su invito di Hisham al Madhloum. Non ultimo, il grande disegno “To design the colours” (Disegnare il colore),2006, per la “B.I.I.M.” di Helsinky, e la realizzazione del progetto editoriale in cinquanta esemplari del volume “Fastfoot & Shoes”,1997, per “Il Laboratorio” e “La Fabrica del Lunedì” di Napoli. Come sono inoltre da segnalare, alla fine del primo decennio del 2000, le due personali presso la storica Galleria Seno di Milano, la prima dal titolo “Permanentpresent” del 2010 curata da un notevole testo del critico/teorico d’arte contemporanea Renato Barilli, in cui ne sottolinea la collocazione storica del suo linguaggio pittorico del tutto innovativo rispetto alla tradizione italiana, riconoscendo inoltre alla sua opera e alle sue immagini, la forza di competere e reggere il confronto nel dibattito contemporaneo, con l’immenso universo di figurazioni prodotte dal sistema dei media.(“…non a caso Santolo De Luca è posto alla testa di un gruppo di artisti italiani denominato Medialismo…” Renato Barilli – L’Arte contemporanea italiana – Feltrinelli – 2006). Ne segue una seconda personale alla Galleria Seno
nel 2018 dal titolo emblematico “Campare Sodo”, curata dal critico d’arte Alice Rubbini, nonchè direttore editoriale della importante rivista d’Arte Contemporanea on line “AArtic”, che già aveva invitato Santolo De Luca alla sua mostra di Atene nel 2014 tenutasi al Benaky Museum, dal titolo “Siamo tutti Greci“. Per la quale fu importante precisare, nel suo testo critico introduttivo alla mostra “Campare Sodo” che il Medialismo degli anni ’90, teorizzato dal critico Gabriele Perretta, resta l’ultimo dei movimenti artistici espresso dall’Italia e che si fonda su due espressioni di linguaggio, di cui una analitica - posta al seguito dell’artista Maurizio Cattelan - e una pittorica, di cui a capo troviamo Santolo De Luca.
Ormai il suo pubblico ha imparato ad apprezzare anche il suo linguaggio scritto per cui diversi sono i progetti editoriali che produce. Come già nel 1988 col libro d’artista dal titolo: “San Marzano Orante”, presentato a Fortezza da Basso a Firenze e i successivi altri, come il grande disegno da leggere e dunque un disegno scritto: “To design the colour” (Disegnare il colore) presentato, come già detto, nel 2015 alla B.I.I.M. di Helsinki. Il libro per l’editoria d’arte di 28 serigrafie, in 50 esemplari,” Fast Foot & Shoes”, realizzate in collaborazione con la nota maestra di racla, l’egiziana Fakhry Mahmoud Hassan Laila nel 2003 per le edizioni “IL Laboratorio di Napoli” e ancora, il libro d’artista, “IL Disegno di Legge”, per conto di AARTIC edizioni, non che il saggio in capitoli su gli anni ’90, “La paura fa ‘90” pubblicato periodicamente dal 2017 sulla rivista online d’arte contemporanea AArtic.
Parallelamente tiene diversi seminari su estetica e comunicazione in alcune università italiane tra cui l’Università di Genova - Facoltà di Architettura -; l’Università di Catania; la Facoltà di Lettere e Filosofia della “Federico II” di Napoli; l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli; nonché l’Istituto Europeo di Design di Milano e Napoli. Non ultime, sono da segnalare le collaborazioni televisive con le aziende Endemol e Sky.
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