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“CAMMINARE SUGLI SPECCHI” CON L’OPERA DI ALFREDO PIRRI AL CASTELLO MANIACE DI SIRACUSA

di Anna Rubbini


Una stupenda mostra installazione è allestita presso il Castello Maniace di Siracusa, realizzata da uno straordinario artista contemporaneo, Alfredo Pirri. Già dal titolo “Passi”, l’esposizione prelude a un avanzamento, ad una sorprendente collocazione all’interno di una realtà fantastica e lucente, in uno spazio amplificato dal pavimento specchiante come un mare calmo in una giornata raggiante di sole.

L’opera dell’artista si inserisce come episodio del più ampio progetto ideato e curato da Helga Marsala per il federiciano Castello Maniace dell’Isola di Ortigia realizzata alcuni mesi fa, procedendo nell’esperienza percettiva di Pirri che fa parte del ciclo PASSI. Nella tappa del capoluogo sono evidenti i riferimenti all’appuntamento precedente come prefigurazione di una ulteriore celebrazione delle acque del Mediterraneo che lambiscono questa parte dell’Isola.

La sua immensità è riprodotta dall’opera dell’artista nella Sala Ipostila del Castello siracusano, che si estende su circa ottocento metri di ampiezza.

Una singolare opportunità poter lavorare all’interno di questa eccezionale struttura medievale del periodo Svevo. I suoi magnifici interni, suddivisi da imponenti colonne bicolori e ariose volte a crociera, rappresentano un inedito stimolo a chi ama l’arte e la bellezza: avventurarsi in spazi ricchi di storia, in ambienti dall’aspetto regale e magnificente, una possibilità di grande prestigio che non solo il Castello, ma l’intera cornice della città di Siracusa significano per un artista, ed altrettanto l’avere esposto nella vicina, incantevole, isola di Ortigia. Lo spettatore, che ha la fortuna di poter vedere in una sede così incantevole e perfettamente conservata l’opera di Pirri, viene trascinato in una atmosfera talmente affascinante di cui difficilmente riuscirà a ripetere l’esperienza.



L’accostamento delle due esposizioni è piuttosto lampante, leggibile non soltanto dal medesimo utilizzo materico, ma dai rimandi a variabili di una medesima mappa, da punti interconessi in un ideale percorso mentale che, pur mutando di posizione, conducono a passare attraverso uno stesso cammino. Il percorso seguito da Pirri non è mai unidirezionale, la sua genialità è sferica, guarda in ogni direzione, futuristica ma storicizzata, volta al futuro ma relazionata al passato, a quanto c’è dietro per poter andare oltre, non tralasciando di approfondire cosa c’è sotto per assurgere infine a quanto sta sopra. Questa idea di tracciato si traduce nella possibilità data allo spettatore di partecipare per percepirne il significato: diventa attore e dunque può raggiungere la piena comprensione attraverso l’esperienza, attraverso il suo stesso calpestare e varcare l’opera; il tutto diviene amplificato dal video e dal suono che accompagna le immagini della performance in cui egli stesso è il protagonista, che si fa filmare percorrendo l’installazione e facendo rotolare sul pavimento di specchi le sfere di pietra, e altrettanto lievemente fa volteggiare le sfere vetrificate, colorate e trasparenti, segnando una scia luminosa e acustica, accompagnata nel suo vagare da sonorità alchemiche e lineari, rimandando all’infinito succedersi dei passi sino all’evolvere nell’interazione di quelli mossi dal pubblico spettatore. Autore e fruitore, in ogni momento sono intersecati dall’azione trasmessa attraverso il video, in un passaggio, passo passo, succedendosi all’infinito.

L’installazione e la performance di Alfredo Pirri è di grandissima potenza evocativa, raggiunge emotivamente e profondamente l’astante raggiungendo un livello di coinvolgimento totalizzante.

Questo grande artista, ancora una volta riesce ad ottenere in questa sede siracusana un effetto scenico estremamente raffinato, di indiscutibile livello e di grande capacità realizzativa ed emozionale, coerentemente con tutta la sua produzione.

La sua opera è una riflessione sulla duplicità, sulla nostra doppia costituzione, il nostro essere e il nostro apparire, il nostro corpo e la sua ombra, quale dei due sia la realtà non è il punto, talvolta la luce che ci avvolge abbaglia e l’ombra, al contrario, si fa più nitida: l’obiettivo è l’interezza, che è tale assumendo una duplicità solo apparente. L’essere e la sua aura sono un’unicità indissolubile, e questo si traduce in essenza.

La riflessione di Pirri sulla duplicità include anche la dimensione del tempo, noi siamo al presente il risultato del passato e l’incubatore del futuro, siamo una stratificazione di pensieri, della memoria dell’idea e della previsione, assieme gravano su di noi rischiando, talvolta, di farci sprofondare come “le pietre sugli specchi”. Ma dal buio alla luce, nell’arco temporale di un giorno, passo dopo passo, possiamo percepire la nostra entità, possiamo comprendere il nostro essere parte di un intero, la frammentazione spazio- tempo- luce- buio è soltanto apparente e fugace.

Mobilità, duplicità, unicità, nell’elaborazione del pensiero e della trasposizione artistica dell’artista si collega all’individualità e all’essere parte, allo stesso tempo,della collettività.

Parte integrante della mostra siracusana è un prototipo che riproduce una stanza specchiante, in cui vengono relazionati, in un formato minimalista, l’umanità e il cosmo, inclusa la sua componente acquosa di cui è maggiormente composto. La specularità, come dicevamo prima, pone in atto una relazione sé/altro, a cui Pirri, attraverso l’azione, attribuisce una valenza politica: il moto di capovolgimento dello spazio può produrre una forza in grado di aprire un varco, un pertugio dal chiuso verso l’esterno, da cui è possibile la penetrazione della luce, e di conseguenza la permeabilità dell’acqua. Concettualmente, per l’artista lo specchio, rompendosi, permette di abbattere le frontiere e i limiti al potere individuale; l’oppressione del passato si dissolve, così, nella luce del presente, tanto più efficace quanto più condivisa.

In base a questo modello, egli pone un quesito su cui riflettere, realizzando una metafora sulla nostra esistenza: l’infinita molteplicità dei piani/specchi della realtà disorientano e ci fanno perdere l’equilibrio, senza tuttavia indurci, necessariamente, inquietudine e spaesamento.

Ci conducono però a valutare e sentire che un ‘altro’ equilibrio è possibile, e questo dipende – credo in gran parte - da noi.

Un pensiero quanto mai vero se pensiamo al nostro tempo presente, in cui l’incertezza e lo smarrimento sono totalmente condivisi.


15 novembre 2021, Anna Rubbini

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