di Alice Rubbini
Le cose cambiano e siamo cambiati anche noi, nella veste e nello spirito, forse abbiamo modificato anche il modo di guardare e narrare gli accadimenti. La cultura italiana ha vissuto un anno d’inferno e le prospettive hanno in sé poco entusiasmo. Quanta fragilità ci ha sorpreso, quanta rabbia, e quanta impudenza abbiamo subito, l’incertezza è diventato il nuovo status … e intanto siamo qui, congelati nella tolleranza, nelle speranze , nelle aspettative, nel continuo forse.
Mai come ora, si è evidenziato quanto questo nostro ammirato settore sia parte determinante del meccanismo e del progresso sociale ed economico; come sia, in tutte le sue discipline, elemento essenziale del sistema di sopravvivenza e potenzialità intellettuale umana.
Nella vita normale si dà tutto un po’ per scontato, non riusciamo a vedere le esatte dimensioni di ciò in cui siamo immersi, trovando in qualsiasi cosa un certo sapore di banalità, di proporzionalità convenzionale; così come non è detto, che in una riconquistata quotidiana consuetudine, tutto ritorni invisibile com’era.
La cultura non è soltanto prodotto estetico, armonia di suoni e di parole, evanescente educazione spirituale, geniale e dilettevole, non è soltanto qualcosa di bello e per tutti i gusti, è bensì forza lavoro, impresa; è progetto, attuazione e molto altro ancora. E’ immensa parte di società che vive e che produce e di cui, per prima in assoluto in questa emergenza sanitaria, si è staccata la spina e si è fatta fermare, in attesa di un’agognata ripartenza.
Alla faccia di chi dice che con l’arte non si mangia, io invece rispondo di sì! Perché per godere del prodotto finito, ovvero del dipinto o scultura che sia, della musica, delle canzoni, del cinema, della letteratura e della poesia e di ogni altra sfumatura creativa, esiste un mondo che la produce: da chi allestisce una mostra o un palcoscenico da concerto o il set di un film, da chi vende i biglietti di uno spettacolo a chi stampa un libro o una fotografia, un volantino, un invito, e così via quasi all’infinito … e così vale per i luoghi che li ospitano stabilmente o temporaneamente, musei, cinema, teatri, ecc., sono contenitori pieni di creature che operano e che credono nell’indispensabilità di ciò che fanno.
Certo, il supporto virtuale, la digitalizzazione, ha suggerito nuovi percorsi e aperto nuove potenzialità, e tutti ne abbiamo colto la nostra parte utile. Abbiamo mantenuto il contatto visivo con il futuro che vogliamo, fatto soprattutto del sapore delle cose in presenza. Viviamo la globalizzazione sulla punta delle dita, proprio quella che ci viene sottratta nella fisicità, e la condivisione ha mutato l’esperienza con un piccola icona sui nostri social preferiti. Questa è l’essenza del futuro, è la via comoda e obbligata, è un’immensa prospettiva, se però non rimane assoluta, conservando la sua parzialità oggettiva.
Noi stessi per AARTIC abbiamo modificato la nostra immagine e la fruibilità di navigazione, rendendo più immediata la piattaforma. Abbiamo inoltre aperto una splendida Gallery virtuale, che ospiterà 5 mostre contemporaneamente, sempre visitabile attraverso il sito della rivista e i link collegati, perché vogliamo concretizzare, ancora e comunque, i nostri progetti e dare continuità e permanenza alla nostra esperienza lavorativa di tanti anni. Un altro tassello della nostra storia, fatta di persone, di parole, di bellezza, di poesia, di realizzazioni, di partecipazione. Abbiamo reso la nostra sperimentazione operativa uno strumento di raccolta e di ricerca informativa.
La cultura è il nutrimento dell’anima, è l’elemento imprescindibile, il nostro patrimonio e risorsa strategica per lo sviluppo, la distinzione e la qualità dell’esistenza; è ciò che caratterizza le persone e ne migliora la loro crescita, è la luce che accompagna il percorso evolutivo di ognuno di noi. Siamo forti della storia che ha segnato il passato, gettando le fondamenta per il futuro, costruito giorno dopo giorno, passo dopo passo, nella grandezza e unicità di un continuo presente.
Aprile 2021
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