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Giovanna Caimmi - DOPPIO BINARIO

-Ph. D., PXL Università di Hasselt


“Doppio Binario” è un progetto di dottorato presentato da Giovanna Caimmi,


artista e docente all'Accademia di Belle Arti di Bologna, per l’Università di Hasselt

in Belgio.

Un ampio programma culturale, che nella nostra rivista svilupperemo

in alcune sezioni e seguiremo poi nella sua futura evoluzione.

Questo progetto parte dal percepire una doppia natura, un “doppio binario” della mente:

un dualismo, un duplice sguardo, con cui l'artista si colloca in un interstizio culturale tra

Nord e Sud Europa, sin dalla nascita e per le sue origini,

con l'impossibilità di scegliere un'affiliazione.


Analizzando costantemente il proprio lavoro e la propria poetica creativa, l’autrice mette a confronto il paesaggio, il rapporto con il medium artistico, l'idea di Spazio, le grammatiche stilistiche che abitano le due parti dell'antica Europa; un discorso che utilizza il divario e la connessione visiva tra immagini e scrittura, i lapsus e i viaggi come pattern di pensiero, elementi principali per Caimmi come artista e come pensatrice per immagini.
Indagando tra le suggestioni e le nostalgie che attiravano come calamite gli artisti verso i due poli europei del pensiero e del sentimento, Giovanna Caimmi, in uno sguardo costante, individua i propri interlocutori -immaginari, nelle arti visive più antiche e nel contemporaneo, nella cinematografia, nella poesia, nella filosofia, nella psicologia.
Una presenza costante di figurazioni provenienti da questi mondi culturali è associata a una sintesi distillata delle sue opere, spesso monumentali anche se solo apparentemente fragili, costruite su rovine, su resti, frammenti inseriti in una forte struttura estetica e concettuale.

Se sei pronto a lasciare padre e madre, fratello e sorella, moglie e figli e amici e a non rivederli mai più; se hai pagato i tuoi debiti e hai scritto il tuo testamento e sistemato tutti i tuoi affari e sei un uomo libero, allora sei pronto per una passeggiata. Thoreau



NATURE / first part / roots


RADICI: MADRE.


Quando sono arrivata al supporto delle carte veline nel 2014 ho compreso che ero giunta al medium più armonico con me stessa. C’era voluto molto tempo, ma finalmente ero arrivata a casa. Infatti le mie carte portano con sé memoria di ciò che ho visto accadere sul tavolo della cucina fin da piccola. E’ stato un ricongiungersi con questo, con ciò che conosco da sempre. Le mani di mia madre sulla carta velina, il suo prendere le misure, tagliare i modelli, metterli insieme con gli spilli, infine addosso alla cliente, con grazia. Talvolta la cliente ero io e percepivo tale grazia, mani che sanno quanto la carta ti può assecondare e quanto devi assecondarla tu, la pressione leggera delle sue dita. I sarti toccano in una maniera particolare. Il tagliare la stoffa giungeva dopo, sul tavolo della cucina su cui era stato appoggiato un panno di lana scuro e per ultimo un lenzuolo sottile e bianco. Sulla superficie morbida così ottenuta, su un tavolo che aveva cambiato natura e non serviva più per mangiare o farci i compiti, Elide appoggiava il rotolo di cotone da imbastire e le pesanti forbici scure, la calamita con gli spilli che spuntavano isterici in tutte le direzioni, il metro morbido, il gesso quadrato dagli spigoli arrotondati verso cui correva la mia mano finchè il monito: “non toccare” non la spingeva indietro come un pesce rosso che rimbalza sulle pareti dell’acquario. Quel gesso mi attirava, diverso dal quadrello lungo di scuola, e il metro sembrava una versione svenuta e morbida della riga e della squadra con cui tracciavo le geometrie. Ho memoria in bianco e nero di queste operazioni preliminari, non ricordo molti colori. Dunque appoggiava sul tavolo “operatorio” la stoffa per l’abito della cliente e sopra la carta velina su cui persistevano i segni lineari, misteriosi e geometrici dei modelli; linee continue e linee tratteggiate, su cui per economia di supporto erano state stampate tutte le taglie del medesimo modello e non capivo mai come facesse quella donna a seguire la linea giusta. Lei non spiegava nulla, ma noi bambini potevamo guardare.



Tagliava la stoffa seguendo lo schema della carta, lasciando un centimetro e mezzo per le cuciture, perchè le clienti potevano aumentare di peso ed era necessario stare un pò larghi, magari in seguito si sarebbe dovuto allargare il vestito. I segni del gesso quadrato e scivoloso tracciavano linee abbozzate sul tessuto scuro, senza calcare, con grazia. Non l’ho mai vista cambiare gesso, l’idea era che ne bastasse uno per tutta una vita. Poi il taglio con le pesanti forbici che appoggiano il lato pesante al tavolo producendo un rumore attutito al vibrare contro il legno. La carta veniva tolta, arrotolata, chiusa con una fettuccia e riposta nel cassetto dei modelli. Rimaneva la sagoma tracciata col gesso bianco su cui passava il filo bianco e grosso del cotone da imbastitura che spesso mi lasciava infilare nella cruna dell’ago, un filo che non deve permanere per cui non gli va fatto il nodo a uno dei due capi, bisogna poterlo sfilare al sopraggiungere della cucitura a macchina, perchè è questa che darà stabilità, che terrà insieme l’abito. Quando ho letto queste brevi righe a mia madre e le ho chiesto di lasciarmi fotografare le sue mani e i suoi strumenti, si è mostrata stupita, non si era mai accorta di quanto io la guardassi, ha detto; inoltre pensava che io non avessi occhi che per le mani della mia nonna paterna, praghese, la violinista. Individuando subito, come fanno le madri, il double track del mio pensiero di cui naturalmente non le ho mai parlato. Dalla sartoria ho imparato l’importanza della struttura, le linee delle cuciture si sono trasposte nelle linee dello spazio, del campo visivo in cui le forze devono trovare dinamismo ed equilibrio. Io non cucio, incollo le carte con lo Spray Photo Mount della 3M, il più costoso, che non dovrà modificare il colore della carta ma tenerla insieme. Le linee delle cuciture nel mio lavoro dovranno rimanere visibili sempre, ribadendo la struttura e producendo ariosità attorno ad essa, come le linee di Osvaldo Licini si agitano attorno al suo Angelo ribelle, cancellate ma visibili, in modo da fargli muovere tanto le benedette ali.



Giovanna Caimmi, 1 settembre 2021




Giovanna Caimmi - DOPPIO BINARIO

-Ph. D., PXL Università di Hasselt



The “Double Track” is a doctoral project presented by Giovanna Caimmi,

artist and professor at the Academy of Fine Arts of Bologna, for the University of Hasselt in Belgium.

A board cultural program, which in our magazine we will develop in some sections and then follow in its future evolution.

This project starts from perceiving a double nature, a “double track” of the mind: a dualism, a double gaze, with which the artist places in a cultural interstice between

Northern and Southern Europe, since her birth and for her origins,

with the impossibility of choosing an affiliation.


By constantly analyzing her own work and artistic poetic, she compares the landscape, the relationship with the artistic medium, the idea of Space, the visual grammars that inhabit the two parts of ancient Europe; a discourse that uses the gap and the visual connection between images and writing, slips and trips as a thinking pattern, main elements for Caimmi as a visual artist and image/thinker. 
Investigating among the fascinations and nostalgies that lured like magnets the artists towards the two European poles of thought and feeling, in a constant glare, Giovanna Caimmi detects her own interlocutors in the present just as in the past, timelessly, in real or imaginary dialogues, in the most ancient visual arts and in contemporary, in cinematography, poetry, philosophy, psychology. 
A constant presence of images coming from these cultural worlds are associated with a distilled synthesis of her artworks, often monumentals even though only apparently fragile, building upon ruins, upon remains, fragments inserted in a strong visual and conceptual structure.

If you are ready to leave father and mother, brother and sister, wife and children and friends and never see them again; if you have paid your dues and written your will and settled all your affairs and are a free man, then you are ready for a walk.

Thoreau



NATURE / first part / roots


MOTHER ROOTS


When I reached the tissue paper as a medium in 2014 I understood that I had reached the most harmonious medium to myself. It had taken quite some time, but I had got home at long last. Indeed my papers have within themselves the memory of what I had seen happen on the kitchen table since I was a child.

It was like reconnecting with this, what I have known since forever. My mother’s hands on the tissue paper, her taking measures, cutting models, putting them together with pins, eventually on the client, graciously. At times I was the client and I could perceive such gracefulness, hands that know how much the paper can indulge you and how much you must indulge it, the light pressure of her fingers. Tailors do touch in a particular way.

Cutting the fabric would come later, on the kitchen table where a black wool had been put and a white, thin sheet at last. On the resulting soft surface, on a table that had changed its nature and was no longer useful to eat or do homework onto, Elide would lay the cotton roll that would have been basted and the dark, heavy scissors, the magnet with the frantic pins that appeared in every direction, the soft tape measure, the squared, smooth-edged chalk that my hand would reach until the warning “don’t touch” would push it back like a goldfish that bounces on the aquarium’s walls. That chalk attracted me, so different from the long goose from school, and the measuring tape seemed a fainted and soft version of the ruler and the set square which I would draw the geometries with.I have black and white memories of these preparatory operations, I don’t remember many colours.

Therefore she would lean on the “operating” table the fabric for the client’s dress and above the tissue paper onto which the mysterious, geometric and linear signs of the model would persist; continuous lines and dotted lines, onto which all the sizes of the same model had been printed for economic purposes, and I could not understand how she would follow the right line. She would not explain anything, but we children could watch.



She would cut fabric following the paper scheme, leaving one centimeter and a half for the stitching, because clients could take some weight and it was necessary to stand larger, perhaps later the dress would have been enlarged. The signs of the squared and slippery chalk would draw rough lines on the dark textile, without overdoing it, graciously. I never saw her change the chalk, the idea was that one would be enough for an entire life. Then the cutting with the heavy scissors that lean the hefty side on the table, producing a muffled noise as vibrating against the wood. The paper was removed, rolled up, sealed with a ribbon and put in the models drawer. The outline traced with the white chalk would persist, on which a white and thick thread of the basting cotton would pass; often times my mother would let me put the thread through the eye of the needle, a thread that shall not linger so it did not need to make a knot in one of the two ends, it was necessary to unthread it when the time for the machine stitching came, for this is what will give stability, it will hold together the dress.

When I read these brief lines to my mother and asked her to let me photograph her hands and tools, she looked astonished, she had never noticed how much I watched her, she said; she also thought I had only eyes for my paternal grandmother’s hands, from Prague, the violinist. Focusing at once, as mothers do, the double track of my thoughts I have never told her about, of course.

From tailoring I learnt the importance of structure, the lines of the seams have been transposed into the space lines of the visual field, in which the forces have to seek dynamism and balance. I don’t sew, I stick papers with the Photo Mount Spray of 3M, the most expensive one, that will not modify the colour of the paper but will hold it together. The lines of the seams in my work will always remain visible, reaffirming the structure and producing airiness around it, like Osvaldo Licini’s lines that move around his rebel Angel, canceled but visible, so that its holy wings can move.



Giovanna Caimmi, September 1 2021

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