"La vetroresina mi fa percepire emozioni nella sua metamorfosi e ciò mi dona la sensazione di recarmi in una nuova dimensione". Tali parole affermate in una recente intervista raccontano un po’ i tratti essenziali del percorso stilistico di Marco Raffaele, singolare e poliedrico artista calabrese: il suo è un desiderio di esplodere in una dimensione intellettuale, l'unica ove è presente un'energia rinnovatrice.
Le composizioni nascono con un tocco dopo l'altro, con una sorta di sacralizzazione dell'immagine e dove la realtà si nasconde dietro la forza dell'ignoto.
Il 1998 è l'anno in cui Raffaele si avvicina all'arte visiva come writer e nel 2015 partecipa alle riprese del film Jeeg Robot del noto Mainetti, come street artist. In seguito l'artista avverte, con la sopracitata vetroresina, un legame intenso volto a "materializzare" le emozioni: desidero ricordare alcune sue partecipazioni ad importanti esposizioni, ad esempio all'Apt Poocnr in Russia, la mostra personale "Passaggio di Stato" a Livorno, Collection Pan-Arab Luxury. Non solo. Durante gli ultimi anni Raffaele ha acquisito il desiderio di stupire e talvolta rivelare una ricerca della non omologazione. A questo pensiero, sussiste una sorta di similitudine con Roberto Cuoghi, noto figlio d'arte e artista contemporaneo. Ciò accade anche con il lavoro di Marco Raffaele: il suo è un mondo visionario ove nasce una personale intuizione creativa, sospesa tra istinto e concretezza, corpo e animo. Tra le opere più recenti , e a mio parere più significative, cito "Illuminando il cuore" e "The soul inside", differenti tra loro per ricerche di contenuti ma accomunate dalla scelta del materiale, la vetroresina. Questi lavori richiamano l'attenzione del pubblico e lo guidano dal vedere all'osservare, lo conducono ad un approdo di una coscienza interiore. In ogni scultura è presente una sorta di "terzo occhio" che fissa messaggi subliminali come se nascesse una periferica che narra e il fruitore è presente senza esserne consapevole.
14-10-2020
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